Un viaggio veramente indimenticabile! (Nuova Zelanda 2019)

Andare in Nuova Zelanda, un sogno lungo venti anni. Quando vidi, all’inizio del nuovo millennio, la trilogia del Signore degli Anelli, iniziai ad innamorarmi di questa Terra; Aotearoa, come dicono i Maori. Passavano gli anni e il sogno non svaniva, magari si annebbiava solo un pò, perdendo forse qualche forma, ma lasciando sempre nitido il contorno dentro al mio cuore.

Auckland bay

Verso la fine dello scorso anno (2018), questo sogno è riaffiorato prepotentemente. E stavolta ha iniziato davvero a prendere forma. Ed allora via con l’acquisto della guida Lonely Planet ed i primi Forum da dove iniziare a prendere le necessarie informazioni (non poche per la verità), quindi la scelta delle date (primavera per noi, autunno per loro) e le prime prenotazioni (voli, automobile, accomodation rigorosamente per viaggiatori “backpackers”) per poi avere finalmente davanti a noi scintillante, la “data” di partenza: 9 aprile 2019. Aotearoa arriviamo!

Informazioni

Per il volo da Roma abbiamo optato per Emirates (con scalo breve a Dubai), voli interni (Auckland-Queensatown) con Jetstar

Per il noleggio dell’auto, dopo varie consultazioni, la Snap è quella che ci ha dato più garanzie “emotive” rispetto a tutte le altre. Per farsi comunque un’idea sul noleggio auto/camper in Nuova Zelanda, è molto utile consultare la sezione apposita del sito di KiwiPal , che rappresenta, insieme ai forum, un’ottima base dove poter reperire molte informazioni utili.

Per ciò che concerne l’assicurazione (raccomandata), noi abbiamo optato per Assivia , un perfetto “cuscino” per dormire sonni tranquilli. 

Internet ormai è un elemento fondamentale, soprattutto quando viaggi. Noi abbiamo noleggiato un routerino portatile con PocWiFi 

Tra le varie info è importante sapere che in Nuova Zelanda effettuano un controllo sulle scarpe da escursione, nel senso che una volta atterrati vogliono guardare le vostre scarpe per assicurarsi che siano “nuove” o comunque pulite accuratamente, pena il sequestro diretto all’aeroporto, quindi occorre fare molta attenzione.

Per quanto riguarda le medicine poi non è chiaro se vogliono la prescrizione medica per tutto ciò che ci si porta appresso, noi per sicurezza l’abbiamo fatta, ma non ce l’hanno chiesta mai. 

Ultime raccomandazioni: cibo; non si può portare nulla, patente; occorre fare quella internazionale, auto con letti al proprio interno; noleggiarne una rigorosamente “self-contained”, contanti; c’è un limite ma è molto alto. Adattatore; esiste un qualcosa di unico, quindi va acquistato prima o direttamente in loco come abbiamo fatto noi.

North island landscape

Start (Aukland)

Dopo un volo di 27 ore complessive tra tratte (due) e scalo (breve), sbarchiamo, finalmente, in Nuova Zelanda. Auckland ci accoglie “nuvolosamente”, anzi, per la verità piove. Siamo stanchi, ma “resistere” per sconfiggere il fuso orario avverso è una priorità, anche perchè qui è mattino e il miglioramento repentino delle condizioni meteo (assai variabili qui) ci restituisce energie altrimenti perdute. La sistemazione ad Auckland è in un Lodge per backpackers molto vicino alla zona centrale della città e distante un paio di km dal porto. Auckland si raggiunge facilmente prendendo lo Skybus direttamente dall’aeroporto. Il costo a tratta è, al cambio, di circa 19 euro, biglietto online o direttamente al desk in aeroporto. Comodo a discretamente veloce, consigliato.

La baia di Auckland è molto bella e per ammirarla bene è consigliato prendere il traghetto locale (costo 18 euro circa A/R per due persone) e raggiungere un piccolo isolotto (Devonport) da dove, salendo per un promontorio (Vittoria) ci si ritrova davanti ad uno spettacolo (specie al tramonto) clamoroso.

Tornati in città facciamo immediatamente i conti con l’instabilità del tempo prendendo uno scroscio improvviso d’acqua. Fortunatamente dura un attimo e già la sera a cena il cielo si presenta sereno. Personalmente, per quanto concerne il cibo, viaggio sempre in “economica”, nel senso che i ristoranti stellati non sono esattamente il mio genere. Preferisco mangiare poco, spesso e, soprattutto, “arrangiato”. Qui in Nuova Zelanda puoi mangiare dell’ottimo fish&chips, della carne (hamburger), insalate (se le compri al supermercato, ma sono care), frutta (vedi insalata), qualche dolce (prevalentemente speziati, tipo zenzero e cannella) e kebab (ad Auckland c’è una zona dove in pochissimi metri potete trovare kebab ed ottimi pretzel senza spendere una fortuna). Poi ci sono ristoranti asiatici e molti store del cibo aperti dalle 09.00 alle 17.00 dove ci si può davvero sbizzarrire. 

Il giorno successivo è dedicato alla visita della città. La sveglia è prevista presto, tanto abbiamo ampiamente recuperato il viaggio, quindi partiamo a piedi e ci dirigiamo verso la zona “vintage” (nello specifico Pitt street) dove a spiccare sono le botteghe di “memorabilia” (ho comprato qualche maglia e due paia di occhiali davvero unici). Il nostro percorso a piedi procede verso la zona del parco Domain, dove domina un verde smeraldo quasi accecante. Passiamo poi dentro “New Market”, altra zona molto carina, dove prendiamo uno scroscio d’acqua per poi proseguire verso One tree hill: la collina più bella della città. In cima c’è una sorta di obelisco e la vista su Auckland è strepitosa. Il tempo è incerto ma quando torniamo verso il centro vira di nuovo al sereno. A sera, prima di cena, facciamo un giretto a Parnell road, dove c’è una sorta di piccola movida. La Torre domina la città e la si può visitare come meglio si crede. Noi decidiamo di non farlo e di limitarci ad ammirarla da fuori, sia di giorno che di notte, perchè bella è bella davvero.

Auckland ci rivedrà per altre due volte, una prima di volare a Sud e l’altra prima di volare a casa. Passeggeremo nuovamente per le vie del centro, del porto e di nuovo ammireremo la splendida torre (senza salirci). Faremo shopping tipicamente turistico mangiando cibo giapponese per ben due volte! La Nespresso accanto al porto dovrà farci assaggiare altri caffè e la baia assolata ci vedrà di nuovo salpare verso una piccola crociera con annessa escursione sull’isola Rangitoto (un vulcano da percorrere in lungo e in largo). Poi la saluteremo, col groppo in gola, come succede sempre quando un posto ti entra così nel cuore. Ma ora c’è da dormire che domani si parte davvero per “Nuove Zelandità”!

Bay of islands

Bay of Islands

La Toyota Yaris con cambio automatico ci aspetta alla SNAP RENTAL di Auckland già da qualche minuto. Giusto il tempo di prendere confidenza con i comandi della macchina e col navigatore (settaggio fondamentale della lingua italiana) e si parte: destinazione Paihia, paesino strategico sul mare davanti alla Bay of Islands. Prima di arrivare facciamo qualche piccola sosta (Waiwera) ed una deviazione per percorrere la Whangarei Headsroad (consigliata), dove ad ogni angolo si possono ammirare scorci di un paesaggio meraviglioso.

Paihia ci accoglie al tramonto e ci regala una serata bellissima, siamo felici e pieni di bellezze negli occhi. L’indomani ci svegliamo molto presto per la prevista crociera nella splendida Bay of Islands. La giornata è strepitosa e tra giochi di luce, colori incredibili, evoluzioni di delfini e passaggi tra le rocce arriviamo a Russell, dove ci rifocilliamo con un ottimo fish&chips e dolci locali. Dopo un pomeriggio tranquillo, ceniamo in stanza e ci corichiamo presto, domani andiamo in pulmann fino alla fine del mondo o quasi.

Great Sights dopo averci portato in mare ci regala un altro tour davvero troppo bello. Passiamo dentro la foresta di Puketi, percorriamo l’incredibile Ninety miles beach, surfiamo (si, proprio così) sulle Giant sand dunes per arrivare, dopo una fantastica cavalcata, fino a Cape Reinga, confine tra oceano e mare della Tasmania. Quando la sera torniamo all’alloggio (assai carino) siamo letteralmente ricolmi di “bello”. Lo smeraldo è ancora fortemente presente dentro i nostri occhi e non vorremmo mai andarcene da questo posto così meraviglioso, ma domani si riparte e le bellezze del Coromandel aspettano solo un cenno per essere ammirate in tutta la loro imponente bellezza.

Il sogno continua…

Cathedral Cove

Coromandel

Lo spostamento da Paihia a Whitianga è piuttosto lungo, la strada ritorna verso Auckalnd per poi andare di nuovo verso nord nella penisola del Coromandel. Partiamo non prestissimo e per questo motivo, insieme al fatto che troviamo traffico nei pressi di Auckland, arriveremo all’alloggio (che si rivelerà il più bello del viaggio) poco dopo le ore 19, giusto in tempo per fare check-in e sbranare un hamburger al pub del paese. Durante lo spostamento riuscimo a fare un salto alle Whangarei Falls (cascate) ed a fare qualche sosta fotografica lunga la tortuosa strada che percorriamo con la nostra ormai mitica Toyota Yaris.

Siamo nel Coromandel principalmente per andare a visitare Cathedral Cove. Avete presente Narnia? Esattamente questa scena, ecco noi andremo lì! Il parcheggio è un problema, per questo fermiamo l’automobile più lontano e prendiamo la navetta (costo 16 euro A/R in due) per arrivare all’inizio dello splendido sentiero che ci porterà esattamente sulla spiaggia di Narnia. Il pomeriggio è bellissimo ed al ritorno, passato il tramonto, c’è soltanto la luce della Luna a condurci da dove siamo venuti. Non ci sono parole per descrivere questo posto, al pari probabilmente dell’intero paese. Felici e impauriti dalla vista del cancello del parcheggio serrato riusciamo a capire che basta avvicinarsi con l’auto per uscire indenni e ritornare a sensazioni di pura felicità.

Durante la splendida mattinata eravamo stati ad Hot water beach, una spiaggia dove scavando nella sabbia fuoriesce acqua calda e rilassante; e proseguito poi il tour delle meravigliose spiagge della zona fermandoci sia a Maramaratotara che a Cooks beach.

La sera a cena, stavolta in stanza, facciamo i conti con queste due bellissime giornate, con quello che resta dentro soprattutto. Poi dormiamo, meravigliosamente bene aggiungo, e quando siamo svegli il giorno successivo (ancora splendido metereologicamente parlando), ci ritroviamo in macchina con un destino ancora una volta “cinematografico”: Hobbiton (Matamata)!

Cape Reinga

Lord Of The Rings

Un bel sole ci accoglie al risveglio. Siamo pronti per entrare nel mondo incantato del Signore degli Anelli. La prima tappa è Matamata, il set dove Sir Peter Jackson (regista della trilogia cinematografica) ha ambientato molte delle scene che riguardano gli Hobbit; una meravigliosa tenuta, tutta verde, dove attraverso un bel tour, organizzato perfettamente, si può entrare ad Hobbiton. La visita, che ci emoziona e ci diverte moltissimo, rappresenta quello che idealmente può considerarsi come il “primo passo” che facciamo in Nuova Zelanda dentro il film. Abbiamo un sorriso stampato sulla faccia per tutta la durata dell’esperienza. Quando alla fine, prima di andarcene, ci viene offerta una birra dentro quella che nel film è la locanda dove quella stessa birra viene sorseggiata da Pipino, Merry, Sam e Frodo, la nostra libidine raggiunge il massimo!

Nel pomeriggio dello stesso giorno, ancora tronfi di birra e leccornie tipicamente Hobbit, ce ne andiamo a Rotorua, un posto termale dove abbiamo prenotato un ostello molto carino dove appoggiarci per un paio di notti. Dopo aver fatto check-in, facciamo una piccola spesa mangereccia e ci dedichiamo alla cena, l’indomani ci attende il parco termale più famoso della Nuova Zelanda.

Il geiser di Wai O Tapu è già spento quando arriviamo al parco, purtroppo non abbiamo fatto in tempo a gustarci la “sparata”, ma per il resto la visita è davvero stupefacente. Il percorso si snoda su diversi sentieri che permettono al visitatore di immergersi in un ambiente ai limiti del fiabesco. Laghi caldi, geiser appunto, fumi, rocce, foresta, c’è tutto ed è bellissimo.

Rotorua

Terminata la visita, passiamo parte del pomeriggio prima di sera dentro la foresta delle sequoie (Redwoods Forest). Ci divertiamo un mondo a scattarci foto a profusione in mezzo a questi alberi grandissimi dove un uomo al cospetto sembra davvero essere piccolo come una formica. Per cena ci facciamo un menu Mc Donalds e proprio mentre azzanniamo i nostri panini facciamo caso alle previsioni del tempo per l’indomani (finora il maltempo ci ha letteralmente graziato). Notiamo che al Tongariro Alpine Crossing (il trekking del Monte Fato per intenderci) si prevede una giornata fantastica, senza una nuvola (!), mentre il giorno successivo (quando noi in un primo momento avevamo previsto di fare l’escursione) dovrebbe mettere a brutto con nebbia e pioggia in arrivo. Detto fatto ci guardiamo negli occhi e decidiamo di partire all’alba dell’indomani per fare l’escursione con un giorno d’anticipo e sfruttare quella che si prevede essere una giornata “clamorosa”.

Ore 06.00, si parte da Rotorua verso il Monte Fato, quindi Mordor, le terre nere di Sauron, il vero gioiello del viaggio (anche se facente parte in realtà di una ipotetica collana ricolma di gemme). Man mano che con la macchina ci avviciniamo al Tongariro National Park l’emozione sale forte. Riusciamo a scorgerlo da lontano, poi sempre più vicino, a portata di macchina fotografica. Alle 10.00 siamo al parcheggio dove inizia l’escursione (in realtà un trekking da un posto ad un altro, crossing appunto, e quindi per noi difficilmente realizzabile dal momento che il limite temporale del parcheggio è 4 ore e ce ne vogliono almeno 8 solo per l’escursione). In un primo momento, avremmo dovuto andare con una navetta che ci avrebbe raccolto all’alloggio e portato all’inizio del sentiero per poi successivamente riprenderci alla fine dello stesso e riportarci indietro. La sera prima però avevamo visto che per fare così avremmo dovuto rinunciare a “questa” giornata, con “questo” tempo (praticamente perfetto), e per questo motivo abbiamo optato per una cosa diversa: 4km fino a Soda Spring, sotto il Fato, poi decisione sull’eventualità di affrontare la “salita del diavolo” fino ai laghi di smeraldo e quindi ritornare indietro al parcheggio iniziale. Ed è proprio ciò che facciamo, godendo di una giornata davvero memorabile, emozionante al pari della paura di non ritrovare la macchina al parcheggio visto il protrarsi (ben oltre le 4 ore…) di questa meravigliosa avventura. Ma tant’è, ormai eravamo in gioco. Quando arriviamo al check-in del nostro Lodge (rigorosamente per Backpackers) e raccontiamo alla tizia la nostra (incredibile) esperienza, ci guarda sbigottita, incredula del fatto che nessuno ci abbia portato via l’auto una volta scadute le 4 ore. You are very very lucky! E meno male va…

North Island road

La cena è un bel pieno di carboidrati a forma di insalata, pane e dolce, ma non prima di aver fatto doccia rigenerante con annesso un meritatissimo riposo. Le sera ci addormentiamo stanchi e felici, Sauron è sconfitto e l’anello è stato distrutto nel cratere nel monte Ngauruhoe, possiamo dormire.

Il giorno successivo quindi lo dedichiamo a piccole escursioni in auto alla ricerca dei luoghi limitrofi dove Peter Jackson ha girato molte delle scene della trilogia. Il tempo è realmente peggiorato ma non piove, c’è solo nebbia che nasconde le vette, ma permette di girare senza problemi. Andiamo a Ohakune (dove tra l’altro ci mangiamo per pranzo un Fish&Chips strepitoso), visitiamo Whakapapa (il posto dove gli attori hanno bivaccato per mesi durante le riprese), la Mangawhero falls (dove Gollum cattura il pesce) e il monte Ruapehu (teatro di diverse scene del primo film).

Pieni di gioia ci corichiamo presto, il giorno successivo abbiamo un trasferimento abbastanza lungo verso la capitale. Wellington. Estremo sud dell’isola del Nord. Arriviamo!

Wellington & Taranaki

Raggiungiamo la capitale della Nuova Zelanda dopo aver percorso una delle tappe più lunghe. Le strade sono molto belle, il paesaggio varia spessissimo, c’è la campagna, la montagna, il mare, insomma un po’ tutto ciò che serve per rendere “l’on the road” davvero affascinante. Quando arriviamo piove leggermente. Facciamo check-in in hotel (forse il peggiore alloggio del viaggio) ed usciamo rapidamente a fare un giro verso il wharf. In centro i negozi sono chiusi quasi tutti, del resto dopo le 18.00 qui vanno a cena. Facciamo allora sosta da Starbucks per un “frappuccino” e poi passeggiamo nel cuore del porto. Il cielo è plumbeo e piove a tratti (saranno i due giorni peggiori del viaggio da questo punto di vista), ma tutto è ampiamente gestibile con un ombrello. A cena ci concediamo le “schifezze” del KFC per poi fare di nuovo un giretto digestivo al wharf. C’è stanchezza e quindi rientriamo presto. Il giorno dopo faremo il giro vero e proprio della (piccola) città.

Sunset at New Plymouth

Wellington e dintorni (lo scoprirò leggendo il libro delle località dove è stato girato LOTR) è una piccola manna per i fan di Tolkien, ma il tempo, al contrario del Tongariro, non ci supporta più. Piove (poco per la verità) e c’è nebbia, quindi la visita al Monte Vittoria (che domina Wellington) con annessi e connessi (ricerca dei posti chiave del film) salta. Ci ritroviamo allora in giro tutto il giorno per negozi, wharf, chioschi di noodle (buonissimi qui) e botteghe di Cuba street (posto meravigliosamente bohemièn) provando l’ebrezza ormai dissolta di un ritorno alle nostre origini europee riguardo lo stile di vita. Fortunatamente tutto questo dura poco ed il giorno successivo sono già di nuovo al volante della mitica Yaris automatica diretto verso nord, nello specifico il distretto di Stratford, dove un bellissimo alloggio in Motel sarà la base per l’escursione al Monte Taranaki (il finto Fuji utilizzato per le riprese del film “L’Ultimo Samurai”) prevista per il giorno successivo a questo d’arrivo.

Lo spostamento da Wellington a Stratford fila via tranquillo, anche perchè il tempo si rimette presto e vira al bello, tant’è che quando arriviamo, una volta effettuato il check-in in struttura, muoviamo subito in auto verso il centro visita del Taranaki. Questo ci permette di vederlo, imperioso, stagliarsi davanti ai nostri occhi, subito dopo aver dipanato le nuvole che lo nascondevano fino a qualche minuto prima che arrivassimo. L’avrà fatto apposta? Chissà. Prima di ritornare in Motel facciamo un salto a New Plymouth dove è già tramonto, e che tramonto aggiungo! Così “drammatico” da renderlo strepitoso. Facciamo la spesa sulla via del ritorno e decidiamo di cenare in stanza; ogni tanto frutta e verdura serve a ricaricarci di carboidrati buoni.

Il sonno ristoratore ci aiuta ad essere in gran forma per il giorno dell’escursione (durissima) al Taranaki. Il tempo è bello, bellissimo, ma quando usciamo dalla foresta, dopo aver percorso ben 4 km di dura salita, non ci resta che constatare che le nuvole sono arrivate e coprono tutto quanto! Proseguiamo verso il rifugio imperterriti, sicuri che le nubi si dipaneranno permettendoci di arrivare al “reflection lake” in tempo per vedere la vetta dell’agognato monte riflessa davanti ai nostri (increduli) occhi mai sazi di bellezze naturali. Anche questo proposito va a farsi benedire perchè benchè il tempo di fatto non peggiora mai, nemmeno migliora e le riflessioni del lago sono solo quelle delle persone che sono lì ferme ad attendere un miracolo che però di fatto non avviene. Aspettiamo, scattiamo comunque delle fotografie, ripartiamo per tornare giù alla macchina. Alle ore 15.00 circa muoviamo verso New Plymouth dove ci attende il “Costal Walk” e il tramonto, una sorta di passeggiata sull’oceano in attesa della fine del giorno. Tutto è meraviglioso e di fatto annega la delusione del Taranaki. Passeggiamo, ci fermiamo, scattiamo foto, ci riposiamo, camminiamo di nuovo ammirando ciò che “naturalmente” parlando è un sogno e ripartiamo per tornare (in auto ovviamente) al nostro alloggio in Motel. Prima di arrivare però il Taranaki ci regala una visione limpida del suo profilo in quella che si annuncia come una splendida notte (durerà poco perchè il giorno successivo il nostro viaggio verso Auckalnd sarà tutto “bagnato”). La cena è di nuovo frugale, in stanza, ma è ciò che preferiamo dopo una giornata assai stancante. Domani si riparte verso Auckland, il viaggio è ancora lungo e occorre riposare.

North Island landscape

Quando la Yaris si muove già piove. La strada per Auckland è lunga ma è bellissima, nonostante la pioggia la renda bagnata e pericolosa. Andiamo piano, ogni tanto facciamo una breve sosta anche solo per scattare un fotografia, poi ripartiamo, consci che comunque a breve una parte di questo viaggio, che definire strepitoso sarebbe poco, finirà. Arriviamo nel primo pomeriggio, molto stanchi, facciamo il check-in al Lodge (ormai diventato di casa per noi ad Auckland tanto da ritornarci anche per le ultime due notti prima di tornare a “casa”), lasciamo i bagagli e ci dirigiamo alla SNAP per la riconsegna della macchina. Va tutto bene, la SNAP è davvero ottima, sotto tutti i punti di vista. Consegnata l’auto facciamo un giretto in città, ceniamo da quello che sembra esser diventato ormai il nostro “kebabbaro” di fiducia e ce ne andiamo a dormire. Il giorno dopo si (ri) parte: destinazione Queenstown, isola del sud. Ancora Tolkien, di nuovo bellezze naturali, selvagge. Emozioni. Forti. Siamo felici.

South Island

Jetstar è perfetta, in poco meno di due ore siamo nella (vera) terra di mezzo di Tolkien (qui al sud hanno girato molte delle scene più spettacolari della trilogia). L’emozione sale sempre di più, accompagna i nostri passi verso lo splendido ostello che ci ospiterà per 4 giorni a pochi km dalle montagne selvagge in mezzo alle quali siamo atterrati da un’ora soltanto (spettacolare aeroporto). Per arrivare a Queenstown (un vero e proprio gioiello sotto tutti i punti di vista) acquistiamo una tesserina prepagata (GO CARD) con la quale è possibile prendere il bus che collega l’aeroporto e la città (utilizzabile sia all’andata che al ritorno) ad un prezzo sostenibilissimo. Fatto il check-in in ostello, decidiamo di uscire nonostante una leggera pioggia abbia iniziato a cadere su di noi. Vogliamo dare un occhiata ai negozietti, fare la spesa per cena e prenotarci l’escursione a Wanaka lake visto che in reception abbiamo già prenotato quella a Milford Sound. Per fare ciò è necessario andare in I-Site (in Nuova Zelanda è consigliato utilizzare questi uffici turistici per avere tutte le informazioni necessarie alle escursioni e molto altro), ubicato a due passi dallo Starbucks locale (teatro di molte soste a base di “frappuccino” che abbiamo intenzione di fare nei prossimi giorni…) e proprio di fronte allo studio di tatuaggi Otautahi dove ho già deciso che andrò a tatuarmi un bellissimo Koru (disegnato a mano dal Maori tatuatore del posto).

Quando ci corichiamo il tempo è splendido, tutto sereno, meno male, anche perchè l’indomani ci attende una mattinata all’insegna del walking per il parco e sapere che non dovrebbe piovere almeno fino alle ore 17.00 ci consola non poco! In effetti quando sorseggio il caffè sono le ore 10.00 della mattina successiva e fuori c’è il sole, ma il vento fortissimo “raffredda” ogni entusiasmo, ma non possiamo farci nulla, siamo al sud e sapevamo che era così. Il parco di Queenstown è dipinto da colori autunnali semplicemente meravigliosi. Non c’è angolo che non viri al giallo, al rosso, al porpora, al marroncino foglia cadente. Aceri per lo più, ma anche faggi, sequoie, pini, e molte altre specie di flora mai viste prima d’ora. Il tempo vola e ci ritroviamo allo Starbucks giusto in tempo per non bagnarci della pioggia (forte) che ha iniziato a cadere puntuale come un orologio svizzero. Il resto del pomeriggio (bagnato) ci vede protagonisti di un ricco giro per le botteghe del posto (sempre divertente) per poi finire al supermercato per la solita spesa serale. Il tempo è bruttino e l’indomani abbiamo l’escursione più emozionante del nostro viaggio: il fiordo di Milford Sound!

Il bus passa a prenderci alle 07.00 del mattino. Fa freddo e piove, ma quando saremo al fiordo sarà bello e potremo godere al massimo una delle “ottave meraviglie del mondo” (così viene descritta Milford Sound dai neozelandesi). La prima parte del tragitto è molto affascinante, nonostante il tempo, percorriamo strade tortuose ed ammiriamo tutte le meraviglie di questa parte di Nuova Zelanda dove Sir Peter Jackson ha girato non una ma due trilogie (Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit). Ogni tanto l’autista si ferma per permetterci qualche scatto sotto la pioggia battente non prima di aver descritto per filo e per segno il tratto di Aotearoa (nome maori della Nuova Zelanda) che stiamo attraversando. Verso le ore 12.00 arriviamo al porto da dove parte la crociera di due ore in mezzo al fiordo più bello della Terra. Il cielo è sereno e non uno ma diversi arcobaleni ci si parano davanti come se non ci fosse un domani. I nostri occhi affamati ricominciano a mangiare bellezza. Spuntano cascate in ogni angolo, fino all’ultima, incredibile, dove la barca si avvicina fin sotto il potente scroscio che sgorga dalla roccia. Non ci sono parole per descrivere quello che naturalmente parlando ammiriamo a pochissimi metri da noi. Quando ritorniamo in città (dopo 12 ore totali di escursione) siamo sfiniti, affamati, ma nello stesso tempo felici ed ancora carichi d’emozione. Milford Sound la ricorderemo per sempre.

Il mattino del giorno successivo ci accoglie con l’oro in bocca. Andiamo a Wanaka con un sole estivo, un tempo perfetto per godere dello spostamento in bus (in un tratto di strada che passa in mezzo alle montagne Remarkables) e dell’escursione al lago. Percorriamo un sentiero in riva dove oltre alla bellezza delle acque c’è quella dei colori autunnali degli alberi nel bosco adiacente. Colori inimmaginabili ci riempiono le pupille, fino a quando non arriviamo all’albero che da solo si staglia in mezzo al lago. Non c’è parola per descriverlo. Semplicemente è l’albero più fotografato al mondo! Siamo lì, a bocca paerta, senza parole. Terminata l’escursione torniamo a Queenstown giusto in tempo per un ricco frappuccino da Starbucks prima di fare il previsto tatuaggio da Otautahi. In poco più di mezz’ora è tutto fatto ed esco felice dallo studio pronto per azzannare la meritata cena. Il tempo al sud sta finendo (troppo poco, ne occorre molto di più…) e il giorno successivo siamo già in aereo per ritornare ad Auckland. Il viaggio sta finendo e siamo tristi. La Nuova Zelanda strega le menti.

Il Lodge di Auckalnd ci accoglie ormai come due persone di casa. Ci restituisce i bagagli grossi che avevamo lasciato in custodia mentre eravamo a Queenstown e ci consegna la terza stanza in poco più di tre settimane! Facciamo una ricca doccia ed usciamo per le vie del centro, arriviamo fino al porto e successivamente decidiamo di cenare ancora una volta dal nostro kebabbaro preferito. Dopo questa notte, abbiamo ancora un giorno e mezzo prima di risalire sull’A380 che ci riporterà a casa e sappiamo cosa fare. Spendiamo l’intera giornata successiva in gita al vulcano Rangitoto prima di tornare in stanza e preparare tutti i bagagli per l’indomani. Poi usciamo a cena, ristorante giapponese ottimo e vicino e poi passeggiata finale sotto la Torre di Auckland con tanto di “puntatina” (senza giocare) al casinò. Qualche timido sorriso ci toglie sul momento la tristezza dell’imminente ritorno in Italia e tra una cosa e l’altra ci corichiamo per l’ultima notte neozelandese. Ci siamo quindi, è il 3 maggio, c’è il sole, camminiamo per la città felici, ci fermiamo per un panino in una zona verde ed assaporiamo l’aria pulita di questo meraviglioso posto. Ripartiamo per qualche giretto in giro: negozi, botteghe, streetfood, giusto per spendere gli ultimi (pochi) dollari neozelandesi rimasti nel portafogli. Alle 16.30 passa lo skybus e dopo una mezz’oretta siamo in aeroporto. Poco dopo le 20.00 puntuale, l’aereo decolla con destino Dubai, dove atterrerà dopo 17 ore circa per permetterci la coincidenza per Roma, dove arriveremo (per effetto del fuso) il giorno 4 maggio all’ora del pranzo italiana. 

Ora che è tutto finito, inizia un nuovo sogno, il cui nome è lo stesso: Aotearoa. Ritorneremo presto.

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